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della rivoluzione di roma | 517 |
La mattina del 16 un invito affisso nei soliti luoghi chiamava ad una riunione nella piazza del Popolo.1
Il circolo popolare era già di fatto al comando della città, ma niun atto pubblico lo designava ancora la mattina.2 La sera soltanto come diremo in appresso, emanò il suo primo atto.
Sapevasi in città, sapevasi al palazzo pontificio che meditavasi una dimostrazione al Santo Padre, per imporgli il nuovo ministero non solo, ma l’accettazione della Costituente.
Egli aveva fatto chiamare, oltre ai presidenti dei due Consigli, il senatore e i capi dei corpi civici, affinchè si recassero al suo cospetto.3 Deplorò la sua situazione, e richiese loro se potesse fare assegnamento sulla civica. Vuolsi che la risposta fosse negativa.
Il Santo Padre allora annunziò ai circostanti l’imminente comparsa dell’attruppamento. Pregò i respettivi capi dei battaglioni, che per quanto fosse in loro, ritenessero i civici dall’unirvisi, ed ai suddetti capi impose di non associarvisi. Meno il Tittoni colonnello del primo battaglione Monti, obbediron tutti. Il Tittoni però fu indotto forse, o trascinato ad associarvisi nella intenzione o convincimento di poter prevenire seri disordini.4
Il Santo Padre intanto aveva mandato fin dal mattino all’ufficio della Gazzetta di Roma, del quale l’abate Coppi era direttore, la seguente notificazione per esservi inserita:
«Se noi abbiamo amato e amiamo i nostri sudditi, come al cospetto di Dio la nostra coscienza, così al cospetto del mondo ce n’è testimonio la sollecitudine, colla quale dal primo istante in che fummo per divina provvidenza chiamati a questa sublime dignità così piena di