![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
514 | storia |
idea dello spirito di vertigine che invadeva i sommovitori, riportiamo il brano seguente:
«Il 15 novembre 1848.
»Roma, quella Roma che da lungo tempo pareva ma che non fu nè sarà mai in letale sonno giacente, oggi si è vista alla primiera gioia ridesta, e gettando improvvisamente da sè con mano forte e risoluta il manto sepolcrale che la ricopriva, si è mostra di nuovo col crine inghirlandato di rose, e si è udito per le sue vie ribenedire quel nome che sempre glorioso si sentì echeggiare.
»Per essa adunque in un giorno sì bello dispiegò Roma le sue bandiere, e sventolanti fra una immensa folla di popolo plaudente al nome di Roma e del popolo romano, furon portate fra torchi accesi, alla caserma dei carabinieri invitandoli a fare parte di quella dimostrazione con un indirizzo che li chiamava fratelli, intendendo così di stringere vieppiù quell’unione che la forza delle circostanze e il bene dell’Italia aveva stretti ad un patto.
»Non indugiarono le grandi porte di quel vasto quartiere a spalancarsi, e lasciare libera l’uscita a que’ bravi militi, che si gittaron precipitosi fra le braccia di un popolo, da cui più assai di prima allontanare si volevano. »[1]
Dopo di ciò recaronsi tutti nelle altre caserme collo stesso intendimento di affratellarsi co’ militi, e per ultimo andarono a festeggiare l’avvocato Galletti, giunto di fresco alla locanda della Minerva.[2]
E così fra lo squallore, la sorpresa, lo spavento da una parte, le cospirazioni, i delitti, i tripudi dall’altra, si passò il giorno 15 di novembre.