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cittadini siano in guardia dei male intenzionati che sotto vani pretesti desiderano sconvolgere l’ordine pubblico, per potersi più facilmente appropriare le altrui sostanze.

» La costituzione non è un nome nuovo nel nostro stato e quegli stati che attualmente l’hanno la copiarono da noi. Noi avemmo la Camera dei deputati nel Collegio degli avvocati concistoriali, e la Camera dei pari nel sacro Collegio dei cardinali fino dall’epoca di Sisto V.»

Questo discorso quanto insolito, altrettanto importante, che il Santo Padre pronunziò a tutti i capi de’ corpi militari, non venne stampato. Venne ricopiato solamente, e moltiplicatesene le copie circolò, eccitando nei più sorpresa e timore.

Il vedere che quel papa, il quale un anno prima portavasi in trionfo toccando l’apice dell’umana gloria, si trovasse poi costretto a raccomandare la sua sacra persona alla guardia cittadina, non poteva non eccitare, come eccitò quasi in tutti, grandissima meraviglia e trepidazione. Il linguaggio del Santo Padre era tale da indicare che il caso era grave assai, e che le cose eran giunte a mal partito. Si osava non pertanto parlare da taluno di libertà del sovrano e di spontaneità de’ suoi atti. Si rilegga ciò che precede, si considerino i fatti del giorno 8, e poi ci si dica se il papa fosse libero. No non lo era. Siamo sinceri. Il papa era sotto l’impero della violenza e della minaccia, e i fatti parlano troppo chiaro per poterne dubitare.

Il discorso di cui testè facemmo menzione, venne accennato imperfettamente dalla Pallade,1 ma dal Ranalli fu riportato quasi per intiero.2

In proseguimento di ciò che accadde il giorno 11 febbraio rammenteremo che alle 4 ½, circa pomeridiane giunse

  1. Vedi la Pallade del 12 febbrai© 1848. — Vedi, il n. 36 del vol. IV Documenti.
  2. Vedi Ranalli vol. II, pag. 179. — Vedi pure il sommario num. 14, ove riportasi per intiero la copia del detto discorso fatta sopra uno dei manoscritti che circolarono in quel tempo.