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508 | storia |
van delle riunioni sotto la direzione del Grandoni nel teatro Capranica, e vuolsi pure che colà si facesse l’esperimento sopra un cadavere per addestrarsi nella meditata uccisione dei Rossi, affinchè il colpo non andasse fallito.[1]
Lo Sterbini e il Canino[2] mostraronsi operosissimi in quella occasione, e figuravan fra i capi del complotto. L’antagonismo che aveva sempre esistito fra loro sparì: parve, e comunemente si disse, che sotto gli auspici di un comune delitto gli animi loro si fosser riconciliati.[3]
Fra gli orditori principali poi della trama esecranda figurarono quei due rifugiati napolitani Vincenzo Carbonelli e Gennaro Bomba, che abbiamo nominato più sopra e che il Rossi mandava in esilio il giorno 13.[4]
Lo stesso Leopardi, che fu ministro costituzionale di Napoli presso Carlo Alberto, ed uno dei capi del movimento italiano, pone il Carbonelli alla testa dei liberali più avventati.[5]
Vi figurò ancora un tal Ruggero Colonnello rifugiato napolitano, e complice coll’avvocato Galletti nella cospirazione del 1844.[6]
Il Galletti stesso poi era designato siccome uno degli iniziati nel segreto.[7] Figurarono inoltre fra i capi due fratelli Facciotti di Palestrina, ed in loro casa tennersi delle riunioni preparatorie. Così almeno risulta dal processo. [8]
Fra i Romani ve ne furon pur troppo alcuni, e fra questi, Ciceruacchio padre e figlio.[9] Il figlio fu quello al quale lord Minto consegnò i versi laudatori della sua
- ↑ Vedi Ristretto del processo Rossi, pag. 262 e 271.
- ↑ Ristretto come sopra, pag. 427.
- ↑ Vedi il VI Vol. Documenti, n. 90.
- ↑ Vedi il Ristretto del processo Rossi, pag. 267.
- ↑ Vedi Leopardi, Narrazioni storiche ec. pag. 445.
- ↑ Vedi Ristretto del processo Rossi, pag. 273 e 609.
- ↑ Vedi il detto Ristretto, pag. 41.
- ↑ Vedi il detto Ristretto, pag. 14, 16, 17 e 46.
- ↑ Vedi il detto Ristretto, pag. 261 e 265.