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Ma se calmavansi gli spiriti in Bologna, esasperavansi in Roma ove i non Romani ch’eran molti, avevan piantato il loro quartier generale. Ad accrescerla vie maggiormente poi si aggiunse il 13 la condanna del Don Pirlone, per aver posto in caricatura il Rossi.1 Si aggiunse pure la passeggiata di alcune centinaia di carabinieri pel Corso, ch’egli poi passò in rivista nel cortile di Belvedere.

Inoltre rincrebbe al partito democratico l’esilio e la partenza per Civitavecchia di due rifugiati napolitani, uno dei quali Vincenzo Carbonelli era stato di certo condannato a morte da quel governo. Il suo compagno chiamavasi Gennaro Bomba.2 E per ultimo fu trovato derisorio un po’ troppo, e per quei tempi sconsigliatamente provocante, il suo articolo del giorno 14 nella Gazzetta di Roma. 3

Quanto però ai due Napolitani esiliati, non erano al certo nè l’uno nè l’altro fiori di virtù politica: imperocchè risulta dal processò che sulla uccisione del Rossi vide la luce nell’anno 1854, che avevano cospirato entrambi contro di lui; che anzi eran designati fra i capi di quella malaugurata congiura.4

Essendoci diffusi fin qui nell’enumerare i sintomi, e designare qualcuno degli elementi che prepararono la catastrofe del Rossi, è tempo ormai che parliamo della cospirazione ordita contro di lui pel giorno 15, destinato all’apertura dei Consigli legislativi. Il governo per verità era già in sugli avvisi e conosceva il giorno destinato per tanto misfatto, in grazia delle informazioni avutene dalla vicina Toscana.

Fin dal giorno 14 però la eruzione del vulcano mise fuori le prime fiamme, perchè in quel giorno quantunque gli associati tutti al Don Pirlone ricevesser la loro solita

  1. Vedi il Contemporaneo del 14 novembre.
  2. Vedi il suddetto del 15 detto. — Vedi l’Epoca del 15. — Vedi la Gazzetta di Roma del 14.
  3. Vedi la Gazzetta di Roma del 14 novembre 1848.
  4. Vedi il Ristretto del processo Rossi, pag. 91, 103, 200 e 217.