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della rivoluzione di roma | 499 |
Statuto fondamentale, gl’istituti pii, e le corporazioni ecclesiastiche o religiose, non debbano concorrere ai pubblici pesi, che nella stessa misura colla quale vi concorrono gli altri possidenti; nondimeno il benemerito clero secolare e regolare, dando una prova oltre ogni credere luminosa di patria carità, si è mostrato sollecito di sovvenire con un sussidio straordinario agli urgenti e straordinari bisogni dello Stato. Imperocché, siccome voi ci avete riferito cón grande compiacenza dell’animo nostro, ha dichiarato di voler fare gratuita offerta al pubblico erario della somma di quattro milioni di scudi, somministrandoli in quindici rate annuali da pagarsi nel mese di decembre di ciascun anno, e da aver principio nel 1849; cioè le prime dieci rate di scudi trecentomila, e le ultime cinque di duecentomila scudi, compresa nella prima rata pel 1849 quella di scudi duecentomila già imposta con la vostra circolare del 28 settembre 1848 all’oggetto dr ammortizzare la prima rata dei boni del tesoro; e ciò con lo scopo, e colla condizione che sia tolto il vincolo dei beni ecclesiastici sottoposti alla ipoteca per l’importo di due milioni a garanzia degli stessi boni, e di non essere in alcun modo responsabile per la loro ammortizzazione prescritta dalla ordinanza ministeriale del 29 aprile del medesimo anno.
»Avendo voi in nome del suddetto clero richiesto il nostro beneplacito, onde rendere valida, efficace, ed obbligatoria tale offerta secondo il disposto nelle leggi della Chiesa; Noi, presso gli esempi di vari pontefici nostri predecessori e segnatamente di Pio VI che in simili circostanze non dubitò di permettere col suo breve del 31 luglio 1797, che l’uno e l’altro clero si obbligasse ad un generoso sussidio verso lo Stato, abbiamo considerato ciò che appunto Egli saggiamente considerava, nel grave pericolo della cosa pubblica, essere conforme alla equità ed alla giustizia che la Chiesa presti alla civile società uno straordinario soccorso. Quindi, col