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cerità e raccomandava stretta disciplina ed esatta obbedienza, promettendo dal canto suo imparziale giustizia. 1

Il giorno 30 fece la sua rivista sulla piazza di san Pietro. Si disse aver manifestato il desiderio, che i soldati si radessero la barba. Come era bene ad attendersi in quei tempi di anarchia morale, si ebber clamori infiniti contro il generale, risate, scherni e caricature. Più tardi uno di quegli spudorati giornaletti che insozzavano la nostra Roma, intitolato il Pappagallo, pubblicò perfino una vignetta nella quale i soldati sono rappresentati sotto la forma di cocuzze, ed il general Zucchi (cocuzza ancor esso) radente loro la barba.2

Dalla Gazzetta di Roma del 7 novembre fummo informati che il Zucchi aveva ricevuto la naturalizzazione negii stati della Chiesa fin dal 19 settembre, che se gli conservava, come dicemmo sopra, il titolo che già aveva di tenente generale, e che partendo, restava interinalmente incaricato del portafoglio delle armi il duca di Rignano.3

Basteranno questi cenni per potersi formare una idea dei tempi che correvano. Appena si crederà un giorno che così venisse accolta in Roma una delle celebrità t militari dell’impero, una delle glorie dell’armata italiana, ed uno dei campioni dell’italica indipendenza alla quale aveva consecrato la vita incontrando disagi, pericoli, fughe, persecuzioni, prigionie, e scampando la morte soltanto per potentissima intercessione.

Ma così andavan le cose in quei tempi in che da un cieco fanatismo venivano tutti esaltati. Il Rossi, il Zucchi, l’Orioli, il generale Armandi, campioni tutti del movimento italiano, eran gittati nel fango da una gioventù irrequieta, ciarliera, irriverente pel vero merito; la quale ignara affatto di ciò che fosse libertà legale, scambiava colla libertà la licenza e gli oltraggi, e vedeva il summum jus nello stato

  1. Vedi la Gazzetta di Roma del 30 ottobre 1848, alla pag. 891.
  2. Vedi il Pappagallo del 15 novembre 1848, n. 3.
  3. Vedi la Gazzetta di Roma del 7 novembre 1848.