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ai tempi tranquilli che a quei procellosi. La caduta del Guizot, e la fine del Rossi, di che avremo a parlare in seguito, vengono a convalidare la nostra opinione che questi due uomini eminenti fossero più adattati a dominare la rivoluzione nelle assemblee legislative, di quel che sulla piazza; e quelli eran tempi in cui la piazza dominava e tiranneggiava l’andamento delle cose umane.

Quanto alla, politica del Rossi, ci pare che fosse decisivamente per la monarchia costituzionale o temperata. Ciò si ricava lucidamente da alcuni brani di lettere politiche che aveva in animo di pubblicare e che rimasero inedite, ma delle quali il Farini ci ha comunicato, per le stampe, una parte importantissima.1

Ma circa il poter attuare nello stato della Santa Sede il sistema costituzionale, il Rossi non se ne dissimulava le difficoltà. Egli difatti su tale oggetto esce in questi termini:

«Non v’ha in Italia che lo stato pontificio che per le sue peculiari condizioni sembra opporre ostacoli di qualche rilievo al sincero stabilimento del governo costituzionale.2»

Sulla forma di governo in genere ecco come si esprime:

«Se la monarchia è utile altrove, all’Italia è necessaria. Monarchia è unità, è possanza. E di questi rimedi non può privar l’Italia chi ne ha cara la salute, l’indipendenza, la gloria. Unità, rimedio ai pericoli interni, possanza agli esterni. Nè il secondo può star senza il primo. Chi il primo niega, niega il secondo, e vuol l’Italia serva dei forestieri.»3

Quanto all’ordinamento migliore per l’indipendenza d’Italia il pensiero prediletto del Rossi era la Lega, ed a convalidare il nostro asserto, riportiamo un brano delle memorie di Pier Silvestro Leopardi il quale ebbe col Rossi un colloquio precisamente sii questo proposito. Ecco come passaronsi le cose.


  1. Vedi Farini vol. II, pag. 253.
  2. Vedi Farini vol. II, pag. 257.
  3. Vedi Farini vol. II, pag. 261.