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della rivoluzione di roma | 37 |
tradimento in chi li promosse. Ciò venne posto in chiara luce il giorno 8 di febbraio, perchè si disse e si stampò apertamente: non vogliamo più preti.1
L’ingratitudine e l’inganno presero in quel giorno ostensibilmente l’impero della città santa, imperocchè se tanto si era inneggiato a Pio IX per il solo atto del perdono, se erasi, per così dire, votato il sacco dei superlativi per glorificarlo, se erasi assordato il mondo colle proteste di gratitudine e di attaccamento, quanto più sentimenti siffatti non avrebber dovuto porre salde radici quando al primo successero tanti altri atti dell’animo suo leale e benefico?
Chiaro appariva che quanto più si era ottenuto, tanto meno doveva richiedersi, e che incomportabili e sleali eran quelle grida di volere giù i ministri sacerdoti, nel momento appunto in cui il governo clericale erasi spogliato di non poca parte del potere per investirne il popolo.
Eppure così passaron le cose: quel che si voleva si dava alle stampe, e noi ad eliminare ogni dubbiezza nei nostri lettori sulla realtà di simili esorbitanze, trascriviamo qui per intiero il foglietto che circolò in detto giorno, e che fu il programma di quella rivoluzione la quale allora volea farsi, e che dopo fatta tanto iniquamente trionfò.
Esso diceva così:
Proclama del popolo.
«La situazione ognor più pericolosa ed imminente del nostro paese, e delle persone e degl’interessi più sacri, ha convocato il popolo questa mattina sulle piazze e sulle strade, essendo ormai chiaro ad evidenza che ad esso solo è oggimai affidato il pensiero della sua salute. — Trista verità è questa che rifulge per gli errori, per la ignoranza e mala fede dì certi uomini, cui Pio IX confidava con tutto il candore il governo del suo popolo, e che essi hanno malversato e corrompono indefessamente per
- ↑ Vedi il num 30. A nel vol. IV, Documenti.