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Anche il ministro Mamiani emise una circolare per riscaldare le popolazioni, eccitandole alla resistenza, ed a respingere gagliardamente lo straniero invasore.1

Il giornale l’Epoca poi, fin dal giorno innanzi, aveva mosso questa preghiera: «Se un umile nostro voto, se una fervida nostra preghiera è lecito innalzare al trono pontificio, noi scongiuriamo l’autorità del Capo venerato della Chiesa cattolica, ad aggiungere tutta intera la sua potenza morale a quelle materiali dello stato contro il barbaro conculcatore del suolo italiano, contro l’invasore di queste nostre terre, l’invasore dei pontificale dominio. La santa di lui mano scagli il fulmine spirituale sul capo dell’Austriaco; l’anatema sia pronunziato; si ammanti a lutto il maggior tempio di Pietro, il cereo acceso si lanci simbolo di maledizione; anatema; guerra guerra guerra2

Queste parole dicono chiaro che la rivoluzione in allora credeva o fingeva di credere alla efficacia della scomunica papale, perchè le tornava conto.

I provvedimenti presi in quei frangenti dall’autorità per contenere gli Austriaci eran tutto quello che legalmente e doverosamente poteva farsi, senza che i moti di piazza vi si dovessero mescolare; ma come abbiamo detto replicate volte, il governo della piazza aveva già preso il sopravvento, e di più questo governo era solidale col Mamiani; e come Minerva era uscita dai cranio di Giove tutt’armata, così il Mamiani sbucciò ministro già formato e con tutte le sue capacità, dall’assembramento tumultuario del primo di maggio sotto il palazzo Theodoli.

Gli agitatori di piazza in allora costituivano una specie di automa, il quale avendo in sè la forza motrice, non si aveva che a dargli un leggerissimo impulso per dirigerlo

  1. Vedi il vol. I, Motu-propri etc. n. 60. — Vedi l’Epoca del 17 luglio 1848.
  2. Vedi l’Epoca del 17 luglio 1848, prima pagina.