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396 | storia |
»Si è curato il male appena comparso, o non più tosto si è lasciato divenir maggiore?
»Gustino sì, gustino i popoli il soave, il prezioso dono della libertà, dell’eguaglianza; ma non siano essi vani nomi. Se ne faccia loro appieno comprendere la forza, e non si pascolino, il ripeterò, di speranze, parto solo di una poetica immaginazione.
»I popoli allora saranno tranquilli, allora avranno la vera nozione della libertà, quando insieme alla giustizia, all’ordine, all’educazione, sarà solidamente provveduto ai loro reali bisogni.»1
Savissimo fu il linguaggio del Ranghiasci, e il suo discorso portò l’impronta di un carattere serio. Ma se ne avea talvolta di genere comico, e fra questi ne scegliamo uno del principe di Canino, meritevole per la sua originalità di essere riportato, quantunque fosse stato pronunziato tre settimane prima. Ciò facciamo non già per l’interesse del discorso stesso sotto l’aspetto politico, ma sì bene perchè i lettori giudichino di quali elementi era composto il Consiglio. Esso incominciava così:
«Armi! armi! Colleghi italianissimi, armi! Non più pietose! Armi spietate!!!»; e terminava lodando il ministero piemontese colle parole seguenti:
»E senza dire di un Ricci, di un Balbo, di un Franzini, basti il solo nome di Pareto! e parlo di Lorenzo Pareto, non della turba dei Pareti che servono ancora il trono sabaudo, come servirono sotto l’assolutismo (segni di riprovazione), di Lorenzo Pareto primo repubblicano d’Italia, il quale si è dato lealmente al re Carlo Alberto, perchè vede che in lui è la sola speranza dell’unità italiana. 2
A questo discorso assisteva, ascoltandolo dalle tribune, uno dei Pareto criticati dal Canino, ed era niente meno