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della rivoluzione di roma | 395 |
servato; e con questo sistema d’inganni e di delusioni si proseguì ad andare innanzi come se nulla .fosse stato. Si vide allora, e noi pure l’osservammo, che sia per effetto dello sbigottimento facente velo alla ragione, o della paura prepotente sul coraggio civile, quelli stessi Romani cui si era sciolto lo scilinguagnolo quando trattavasi di vituperar Gregorio XVI prima del 1846, durante il ministero Mamiani si eran posta la museruola alla bocca per guisa, che qualunque cosa eccentrica dicesse o facesse quel ministero, le lingue erano sciolte sempre per lodare, incatenate per criticare.
S’incontrò pure non ostante fra i Romani un coraggioso, e fu il conte Ranghiasci Brancaleoni di Gubbio, il quale, lo stesso giorno 10 di luglio, attaccò vivamente il ministero con una interpellanza ove riscontravansi le parole seguenti:
«Ma non meno sventurata della giustizia è la libertà che spesso in alcuni luoghi veggio convertita in licenza.
»Codesta santa parola, seppur qui mi è lecito valermi di tale aggettivo, non si è presa da ognuno nel filosofico e naturale suo senso, ma si è interpretata per facoltà di operare tutto ciò che venisse a talento.
»L’ordine e la tranquillità sono stati non di rado in gravissimo pericolo: nè altrimenti poteva avvenire, quando alcuni pochi male intenzionati, cui solo favoreggiava il disordine, col mentito nomedi libertà, di progresso, hanno posto in movimento masse numerosissime, le hanno infiammate con ogni maniera di argomenti a lusinghiere speranze, le han tolte dalle loro abitudini, le han gittate nell’ozio, loro han fatto disistimare i probi cittadini, e si è sciolto così quel salutevole freno che pur troppo è necessario, acciocché si mantenga l’ordine, ed in conseguenza la quiete e la legalità.
»Che n’è da ciò conseguito? I lavori abbandonati, i sussidi sospesi, il commercio esinanito, l’oro scomparso, la carta sostituita, le tasse accresciute, le proprietà non più sicure: ia una parola, un avvenire incerto, oscuro, terribile.