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»Siate concordi fra voi, coll’Alto Consiglio, con noi e coi nostri ministri. Rammentatevi spesso che Roma è grande non pel dominio suo temporale, ma principalmente perchè è la sede della cattolica religione. Questa verità la vorremmo scolpita non già sul marmo, ma sul cuore di tutti quelli che partecipano alla pubblica amministrazione, affinchè ognuno rispettando questo nostro primato universale, non dia luogo a certe teorie limitate, e talvolta anche ai desideri di parte. Chi sente alto della religione, non può pensare diversamente. E se voi, come crediamo, siete ahimati da queste verità, voi sarete nobili istrumenti nelle mani di Dio per arrecare veri e solidi vantaggi a Roma e allo stato, primo de’ quali sarà quello di spegnere il seme della diffidenza e il terribile fomite dei partiti.»

Questo discorso notevolissimo venne pronunziato avanti la Commissione del Consiglio inviata al pontefice. Il presidente del medesimo annunciando semplicemente il fatto aggiungeva che le parole del pontefice sarebbero lette nella Gazzetta officiale. — Nulla più se ne disse in proposito.

E pure da questo discorso del Santo Padre, ch’esso avrebbe voluto che restasse scolpito nel cuore, e che noi avremmo desiderato che venisse scolpito in tavole di bronzo, appariva palese il disaccordo esistente fra il pontefice e il ministero perchè, quantunque copertamente, accennava che il ministero degli affari esterni secolareschi gli era stato imposto, e che egli (il papa) ripudiava recisamente qualunque provvedimento guerresco. E tale, e così palese era già questo discorso, da dover necessariamente provocare le più serie riflessioni, aprire gli occhi alle moltitudini illuse e ingannate, sia qui da noi, sia altrove; e pure, ripetiamo, come se il papa non avesse parlato, un perfetto silenzio si mantenne nè si fece commento veruno.

Così bene erano state ingannate e pervertite queste moltitudini, così docilmente lasciavansi guidare e signoreggiare dagli agitatori spertissimi che avevamo in Roma, che poco o nulla se ne parlò, nulla se ne scrisse, tutto passò inos-