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Intanto, la necessità di provvedere all’esercizio dell’anno 1848 prima che potesse farsi ragione pratica dei miglioramenti proposti, obbligò il Morichini a contrarre un prestito di un milione di scudi colla casa de la Hante e Compagnia di Parigi. Il prestito fu contrattato il 12 gennaio al saggio del novantaquattro per cento, con frutti al cinque per cento ogni anno, ed un per cento annualmente per l’ammortizzazione.

Venne annunciato e magnificato il detto affare in un articolo che vide la luce nella Gazzetta di Roma del 31 gennaio1, e nel quale, senza dirlo chiaramente, si professa il principio che a cose nuove vi vogliono uomini nuovi; perchè si volle uscire dalla dipendenza, o meglio emanciparsi dalla casa Rothschild di Parigi colla quale (meno il prestito di Genova, che fu negoziato col Torlonia) erano stati contrattati tutti i prestiti dal 1831 in poi. Egli è chiaro che in quel momento non si voleva più nè del Torlonia, nè de’ Rothschild.

Le condizioni al certo non furon cattive. Restava soltanto a vedere se la casa contraente presentasse tali elementi di solidità da somministrare una garanzia per la esecuzione del contratto, cosa che col Rothschild o col Torlonia non avrebbe al certo mancato. Ci dispensiamo dunque dall’investigare sulla solidità del de la Hante.

Questo si sappiamo che al primo soffio della francese rivoluzione del febbraio sospese i suoi pagamenti, e convenne più tardi al governo pontificio restituirgli i centomila scudi che aveva pagato in anticipazione. Non fu dunque da glorificarsi gran fatto di questa operazione finanziaria conclusa dal pontificio governo sotto il tesorierato di monsignor Morichini.

Altra misura di finanza, opportunamente immaginata dal commendatore Agostino Feoli governatore della banca romana, proponeva al Santo Padre in sullo scorcio del mese

  1. Vedi la Gazzetta di Roma del 31 gennaio 1848, prima pagina.