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390 | storia |
Del resto fummo assicurati da persona autorevolissima e più di tutte informata su queste faccende, che la lettera in cifra non altro conteneva se non che l’approvazione del Santo Padre al nunzio di Vienna pel modo col quale erasi condotto onde mantenersi in buoni rapporti con quella corte, ed eliminare lo scandalo che sarebbe accaduto, se (com’era mente del gabinetto austriaco dopo aver veduto i soldati del papa combattere contro quelli dell’impero in Lombardia) il nunzio pontificio fosse stato allontanato dalla corte di Vienna.1
Dopo questa disgressione sulla famosa lettera in cifra, ove i nostri lettori avranno trovato tali dilucidazioni che dagli altri scrittori non avevan potuto attingere, riprendiamo il filo della narrazione delle cose nostre. Ricorderemo pertanto che il giorno 6 di luglio vennero aggiunti, per formar parte dell’Alto Consiglio, i seguenti:
- Principe don Filippo Andrea Doria
- Duca don Pio Braschi Onesti
- Principe don Giovanni Ruspoli
- Don Sigismondo Chigi principe di Campagnano
- Cavalier Prospero Bernini
- Avvocato Giuseppe Vannutelli
- Conte Giuseppe Rondinini.2
Intanto il governo francese, quantunque repubblicano, sentiva che per consolidarsi era d’uopo di star bene con Roma, e quindi il giorno 7 di luglio non un incaricato di affari soltanto o un ministro residente, ma un ambasciatore, in persona del duca di Harcourt, presentava al Santo Padre le sue credenziali.3