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della rivoluzione di roma | 385 |
la rivoluzione, ebbe nel suo scrittore l’abate Ximenes una vittima della tirannia rivoluzionaria.1
Sull’attentato contro la indipendenza dell’Alto Consiglio, coll’aver discorso dell’articolo del Mamiani e riportato la risposta del principe Rospigliosi, abbiam detto abbastanza.
Narrando l’assassinio dell’abate Ximenes e pubblicando ciò che ci asserì il conte Ludolf abbiamo dato un saggio delle violenze contro la libertà della stampa. Circa poi agli altri sfregi e violenze contro la libertà in genere, avremo occasione di parlare in seguito.
Ritornando ai fatti occorsi, giova rammemorare che fin dal giorno 3 di luglio accettavasi la rinuncia del Cardinal Ciacchi legato di Ferrara e venivagli sostituito il conte Francesco Lovatelli pro-legato di Ravenna, surrogandogli in questo officio il conte Francesco Manzoni.2
Venne a conoscersi in quel tempo che il tristamente famoso padre Gavazzi, contro il quale più di una volta l’autorità ecclesiastica aveva alzato la voce per la sua riprove voi condotta e pel suo empio linguaggio, stando in Firenze, permettevasi la sera di arringare il popolo dalle finestre di una locanda, e da colà disseminare errori perniciosissimi per la quiete pubblica; sicchè la sera del 5 nasceva un tafferuglio fra quei che volevano e quei che non volevano che parlasse. Fu d’uopo che la guardia civica intervenisse per far cessare quello scandalo, e imporre silenzio al frate spudorato.3 Non avremmo parlato di costui se non fosse stato uno dei campioni esagerati del movimento romano, e se non avesse figurato la sera del 21 marzo come quello che bandiva dal Colosseo la crociata contro gli Austriaci. Basti su ciò.