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disser taluni che quel regno nelle nuvole cui rilegar voleva il pontefice, a lui più che ad altri si convenisse. Citiamone subito un esempio.

Si risolvette nella tornata dell’Alto Consiglio del 28 di giugno, che la votazione dovesse esser segreta, e segreta per verità, salvo alcuni casi eccezionali, è in quasi tutti gli stati di Europa retti a forme rappresentative.

Il Mamiani, regolatore supremo del parlamentarismo romano, non potendo tollerare questo tratto d’indipendenza dell’Alto Consiglio, pubblicò un articolo di fondo nella Gazzetta officiale del 3 di luglio, ove, biasimando la risoluzione presa dal medesimo, veniva insinuando che lo stesso Consiglio non avrebbe dovuto dipartirsi dal sistema adottato nel Consiglio dei deputati, di votare cioè per alzata e seduta, e aggiungeva persino che l’Alto Consiglio non era poi di stretta necessità per il macchinismo parlamentare. «Volgono tempi, egli diceva, non favorevoli al tutto alle istituzioni cosiffatte come è l’Alto Consiglio. L’opinione di molti, non pure tra noi, anzi se vuolsi, meno tra noi che altrove, ne mostra diffidenza, è inchinevole a credere che sia parte disutile nello stato, e posta quasi per impacciare le Camere popolari.»

Questo linguaggio del Mamiani equivaleva a dire: l’Alto Consiglio è inutile: se verrà con noi lo lasceremo stare, in caso contrario, faremo in guisa da abolirlo. Si ricordino intanto i nostri lettori che a Napoli pure non si voleva la Camera Alta, e quindi non potrà non ammettersi che l’indole del movimento italiano sia stata sempre repubblicana.

Rincrebbe talmente l’articolo del Mamiani, che nella tornata del 4 fu deciso dall’Alto Consiglio di farne soggetto di richiamo.1 Interpellatone di fatti il Mamiani, rispose esser l’articolo in discorso riportato nella parte non officiale e quindi essere come se fosse impresso in qualunque altro giornale.2


  1. Vedi il Supplemento al n. 124 della Gazzetta di Roma pag. 3.
  2. Vedi il Supplemento al n. 128 della Gazzetta di Roma pag. 1.