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380 | storia |
disser taluni che quel regno nelle nuvole cui rilegar voleva il pontefice, a lui più che ad altri si convenisse. Citiamone subito un esempio.
Si risolvette nella tornata dell’Alto Consiglio del 28 di giugno, che la votazione dovesse esser segreta, e segreta per verità, salvo alcuni casi eccezionali, è in quasi tutti gli stati di Europa retti a forme rappresentative.
Il Mamiani, regolatore supremo del parlamentarismo romano, non potendo tollerare questo tratto d’indipendenza dell’Alto Consiglio, pubblicò un articolo di fondo nella Gazzetta officiale del 3 di luglio, ove, biasimando la risoluzione presa dal medesimo, veniva insinuando che lo stesso Consiglio non avrebbe dovuto dipartirsi dal sistema adottato nel Consiglio dei deputati, di votare cioè per alzata e seduta, e aggiungeva persino che l’Alto Consiglio non era poi di stretta necessità per il macchinismo parlamentare. «Volgono tempi, egli diceva, non favorevoli al tutto alle istituzioni cosiffatte come è l’Alto Consiglio. L’opinione di molti, non pure tra noi, anzi se vuolsi, meno tra noi che altrove, ne mostra diffidenza, è inchinevole a credere che sia parte disutile nello stato, e posta quasi per impacciare le Camere popolari.»
Questo linguaggio del Mamiani equivaleva a dire: l’Alto Consiglio è inutile: se verrà con noi lo lasceremo stare, in caso contrario, faremo in guisa da abolirlo. Si ricordino intanto i nostri lettori che a Napoli pure non si voleva la Camera Alta, e quindi non potrà non ammettersi che l’indole del movimento italiano sia stata sempre repubblicana.
Rincrebbe talmente l’articolo del Mamiani, che nella tornata del 4 fu deciso dall’Alto Consiglio di farne soggetto di richiamo.1 Interpellatone di fatti il Mamiani, rispose esser l’articolo in discorso riportato nella parte non officiale e quindi essere come se fosse impresso in qualunque altro giornale.2