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tore d’Austria alla lettera del Santo Padre del 3 maggio, dicendo di averla estratta della Gazzetta di Augusta. Essa era espressa nel modo seguente:


«Beatitudine,

»Quanto fosse al mio cuore di consolazione il sentir proferire dalla bocca di Vostra Santità il desiderio di pace, che ad ogni buon sovrano preme, qual base primaria per la felicità dèi popoli fedeli al loro sovrano, non so bastantemente esprimere; ma purtroppo una gran parte di questi si sono allontanati dal retto sentiere per ragione di una propaganda rivoluzionaria incendiaria, la quale ad altro non rifugge che alla distruzione dell’ordine sociale, coll’ingrandirsi, incolpando essere la cagione i regnanti. La libertà della stampa accrebbe la loro audacia; che per lo contrario questa concessa, si sperava un migliore avvenire; ma non fu così. Provocato, e non provocatore concessi alla fine una larga costituzione al mio regno lombardo-veneto, che non fu accettata per mene di un ambizioso che da noi, e nostri alleati fu rimesso in trono. Ora costui ricompensa col farmi la guerra, decantando la indipendenza italiana, ed infierisce i popoli contro la nazione germanica ad un odio implacabile, dichiarandola orde infami e barbare.

»Beatissimo padre! Chi fu che nel 1815 rimise in trono Pio VII, se non l’Austria? Chi alla venuta del re Gioacchino Murat salvò la Santa Sede? Chi nel 1831 sedò l’altra rivoluzione, in cui il Papa fu dichiarato decaduto di fatto e di diritto, se non l’Austria? Chi ad altre mene rivoluzionarie in ogni tempo era pronto a salvare il pontefice, se non l’Austria?

Duolmi pertanto il cuore di vedere al giorno di oggi parte dei sudditi pontifici, toscani e napolitani armati contro me, per privarmi de’ miei stati in Italia, che col sangue de’ miei popoli acquistai, e con un trattato solenne,