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366 | storia |
e la piccola fortezza di Osopo, tutto il territorio di Venezia era sul finir di giugno tornato in potere degli Austriaci.1
Se in quel tempo riuscì lieto per Carlo Alberto l’atto di fusione ch’ebbe luogo il giorno 11, della Lombardia col Piemonte, il quale, non ostante gli sforzi del Mazzini per impedirlo, gli fu presentato colle sottoscrizioni dei membri di quel governo provvisorio, egli ebbe però a l’rattristarsi per lo stato d’isolamento in cui era posto, e che obbligavalo di sostener solo il pondo tutto dell’oste nemica.2
Questo rovinio di fortuna intanto inaspriva ed esacerbava gli animi, e porgeva esca al fuoco distruggitore che ardeva negl’italici petti.
In Roma poi, ch’era divenuta ancor essa una fucina ardente, i discorsi eran vaghi, confusi, irosi, acerbi: e chi contro Carlo Alberto metteva fuori la bile, dii accagionava la sua smodata ambizione siccome causa dei patiti rovesci, quasi che volesse ingemmare la sua corona a prezzo d’italiche sventure; nè mancava chi già incominciava a parlare della necessità di sostituir la guerra dei popoli alla guerra regia.
Altri poi querelavansi dei repubblicani che sotto il Pepe e il Ferrari combattevano, ed a cui erano in uggia gli Albertisti e la lancia spezzata di quel partito ch’era il generale Durando il quale, quasi volesse sacrificarli, veniva accagionato di averli abbondonati negli estremi cimenti. Lo stesso Durando difatti bersagliato dalle accuse e dalle contumelie, e fatto segno all’invidia ed alla calunnia, trovò in Bologna chi ne prese le difese con uno scritto intitolato:» Almeno due parole di verità;»3 ed egli stesso trovossi costretto di giustificare la sua condotta con uno scritto che pubblicò in Roma e che porta per titolo: «Schiarimenti sulla