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suo posto, avendo ricevuto il biglietto di nomina colla firma del cardinale Orioli.

Stando a questi fatti converrebbe inferire che nei trambusti dei primi di maggio, ed allorquando il papa acconsentì alla formazione del ministero Mamiani, si acconciasse di mala voglia a tollerare un ministro per gli affari esteri secolareschi, nella persuasione o speranza che la cosa forse potesse non incontrare gravi ostacoli nella sua attuazione, e che poi o le difficoltà incontrate per via, o le esorbitanti pretese del ministero secolaresco quando si trovò insediato, o le osservazioni di qualche rappresentante dei governi esteri in Roma, o le corti stesse per lettere private facesser sentire l’incompatibilità di un simile stato di cose, mentre da tempo immemorabile avevan corrisposto con un cardinale di santa Chiesa, come ministro degli affari esterni, senza la distiazione di ecclesiastici o secolareschi. Ad ogni modo egli è un fatto che fin dai primi momenti il Santo Padre mostrò una ripugnanza invincibile a piegarsi allo impostogli cambiamento, e questa ripugnanza man mano si venne aumentando fino al punto di convertirsi in aperta rottura. In una parola ciò che nel maggio era un sospetto, divenne nel giugno una evidenza, e l’articolo del Labaro del 9 scoperse il velo che ricopriva la verità.

Se ne allietarono gli uomini assennati perchè dicevano non potersi determinare gli esatti confini di ciò ch’è ricisamente ecclesiastico o secolare, essendochè si confondano è compenetrino a vicenda soventi volte insieme, in guisa che non è dato distinguere e separare una cosa senza urtare o intaccare un brano dell’altra; e in questo appunto consistere la incompatibilità del costituzionalismo in Roma.

S’impegnò allora una lotta vivissima fra il Labaro che aveva spezzato la prima lancia contro il ministero, e l’Epoca che lo difendeva.1 A lode del vero però la discussione si contenne nei limiti della moderazione e della tolleranza.


  1. Vedi il Labaro n. 44, 45, 49, 54. — Vedi l'Epoca n. 72, 79, 85. — Vedi la Speranza n. 93.