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della rivoluzione di roma | 345 |
che diceva di voler marciare a diritta, ed un ministero che ordinava di marciare a sinistra, sembravan cose inconciliabili e da non poter durare così.
Nè eran queste semplici paure e sospetti infondati: imperocchè erasi appena insediato il ministero Mamiani, e già il dissenso si veniva appalesando negli atti stessi.
Indipendentemente dai propositi guerreschi nei quali perseverò sempre il ministero dopo l’allocuzione famosa, e che ponevano il governo di Sua Santità in contradizione apertissima colle parole del sovrano, abbiamo un altro esempio flagrante, che lo stesso Farini rileva e commenta.1
L’ambasciatore d’Austria conte di Lützow erasi diretto al cardinale presidente del Consiglio dei ministri per conoscere se fosse mente di Sua Santità ch’ei di Roma si partisse. Al che rispose il cardinale Orioli, presidente in quel tempo, che giammai non aveva inteso il Santo Padre di congedare l’ambasciatore di una potenza cattolica tanto benemerita della Chiesa, quale si era l’Austria.
Questa era la mente del papa. E non ostante ciò i ministri tutti capitanati dal Mamiani studiarono il modo di far comprendere all’austriaco ambasciatore quanto poco fosse compatibile la sua presenza in Roma colla quiete del paese; e intanto se gl’inviavano i passaporti, ed il 16 di maggio, come abbiamo già raccontato, se ne partiva da Roma.
Non direm nulla della falsa posizione in cui misero il pontefice dirimpetto dell’Austria, perchè mentre noi ci trovavamo di aver cacciato il suo ambasciatore, il nunzio apostolico monsignor Viale Prelà restava presso quella corte allora in Innspruck, e faceva di tutto per rimanervi. E non bastando questo, inviavasi all’imperatore in sullo scorcio di maggio un delegato straordinario in persona di monsignor Morichini, e tutto ciò consenziente non solo, ma eonsigliante e plaudente il ministero laicale; quel mini-