Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
della rivoluzione di roma | 29 |
Questo decreto imprevisto, questo muoversi del re di Napoli, non come gli altri sovrani d’Italia gradatamente con qualche riforma, ma promulgando repentinamente la costituzione, riempiè gli animi in Roma, agli uni di contento inenarrabile, agli altri, e furono i più, di sorpresa e timore.
Riusciva inesplicabile per tutti come quest’uomo, il quale aveva resistito fino allora, più che agli eccitamenti, all’esempio di uno stato vicino, ricusandosi d’introdurre riforma di sorta alcuna, consentisse di. accordare una costituzione ex abrupto, amando meglio di fare un salto pericoloso, piuttostochè pochi passi misurati!
Sembrò di ravvisare in lui l’esempio di quei destrieri avviziati cui non vale nè sprone nè sferza per muovere, e che poi, con un subito slancio, si abbandonano ad immoderata carriera.
Si disse quindi da molti, ed appunto perchè si disse, noi per dovere di cronisti dobbiamo tramandarlo ai nostri posteri, ch’egli, stanco e annoiato dalle sollecitazioni e vessazioni che violentavan la sua volontà, vedendosi esposto solo alle odiosità della resistenza, dicesse agli altri sovrani della penisola presso a poco cosi: «Or bene, voi che fino ad ora per la vostra fiacchezza cedendo, avete voluto pormi nell’imbarazzò, accendendo prima il fuoco in casa vostra per quindi appiccarlo in casa mia, abbiatevi ora il guiderdone meritato con una misura di governo, che, mentre porrà voi in quell’imbarazzo nel quale avete posto me, vi obbligherà ad imitare il mio esempio. Abbiatevi dunque questo guiderdone, il quale varrà per me come un giusto sfogo di vendetta. Al punto in cui avete condotto le cose presto o tardi si sarebbe dovuto venire a questo passo, ed io prima che mi vi si spinga colla violenza, vuo’ farlo prendendone io stesso la iniziativa.»
Si disse, ripetiamo, che se il re di Napoli pur non facesse apertamente questo discorso, in cuor suo dicesse a un dipresso così.