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della rivoluzione di roma 27

apparvero vari decreti sulla stampa, sulla consulta di stato e sull’amministrazione particolare della Sicilia. Anche gli accusati per delitto di lesa maestà ottennero un decreto di amnistia, ma il partito anti-regio che già dominava, non solo non ne mostrò gradimento, ma respinse disdegnosamente le reali concessioni, pronunziando il famoso in quei tempi è troppo tardi. Fu in pari tempo allontanato dalla corte il confessore del re monsignor Cocle, e mandato bruscamente in bando il fino allora onnipotente Del Carretto.

Produssero queste riforme, quantunque non fossero di gran rilievo ed emananti non tanto dalla libera volontà, quanto dall’incipiente timore di futura ed imminente esplosione, una sensazioni piacevole nell’animo degli agitatori in Roma il cui numero andavasi giornalmente ingrossando; quando sul finire di gennaio si venne a conoscere che in seguito di una dimostrazione accaduta il giorno 27, il re si era indotto il 29 a promulgare un decreto col quale prometteva ai suoi popoli la costituzione.1

Detto decreto era concepito nei termini seguenti:


FERDINANDO II

per la grazia di dio

re del regno delle due sicilie e di gerusalemme

duca di parma piacenza castro

gran principe ereditario di toscana.


«Avendo inteso il voto generale de’ nostri amatissimi sudditi di avere delle guarentigie e delle istituzioni eonformi all’attuale incivilimento, dichiariamo di esser nostra volontà di condiscendere a’ desideri manifestatici concedendo una costituzione; e perciò abbiamo incaricato il nuovo nostro ministro di stato di presentarci

  1. Vedi nel vol. IV, dei Documenti i numeri 25, 26 e 27.