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della rivoluzione di roma | 317 |
tutt’al più un cinquanta o sessanta individui seguivanlo, e qualcuno di essi da quando a quando gridava: «viva Gioberti. Il suo amico Giuseppe Massari era sempre in sua compagnia.
Accostumati i Romani a veder continuamente percorrere la loro città da celebri personaggi senza fasto e senza ostentazione, risero per questa farsa che qualificarono degna soltanto di un cerretano.
Giunto all’albergo, disse parole di ringraziamento.1 Nel giorno seguente poi venne ricevuto in udienza dal Santo Padre.2 Lo stesso giorno altre azioni di grazie porse ai Romani, alternate da lodi al pontefice. Fu stampato subito un foglietto colla intestazione: «Alcune parole dette al popolo romano dal celebre V. Gioberti nella sera del 25 maggio.» Eccone una parte:
«Se qualcuno, non parlo di voi Romani; se qualcuno degl’italiani ha dubitato di lui (Pio IX), egli è fortissimamente ingannato. Guai a me se avessi dato orecchio al dubbio che tentava di mettersi nell’animo mio; imperocchè ora avrei a pentirmene gravemente. Io ho ammirato Pio IX principe, ma più l’ho venerato pontefice. Ammiriamo i fatti del principe, veneriamo gli arcani del pontefice, senza investigarli. Pio IX ha dato principio alla indipendenza italiana, ed egli la matterà a fine.» (Qui taluno riprese: la finirà?) — «La finirà, la finirà senza dubbio. Io non vedo principe in Italia che possa paragonarsi al divino Pio IX.
»Oh possa io dunque raccogliere tanto di voce che mi basti a gridar: viva il grande Pio IX; oh viva, viva il rigeneratore di questa Italia.»3
Non eran già partigiani del Gioberti tutti i liberali in Roma, perchè ve ne avea di molti che ad esso non si accostarono; eran però nella parte più colta della popola-