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Il comitato preparatorio per le elezioni si riunì nei giorni 7 e 8 maggio sotto la presidenza dell’Orioli, e propose i nomi dei candidati, in testa ai quali era il Mamiani, e raccomandava agli elettori di mostrarsi concordi a quei principi che il Mamiani dichiarò nel suo programma.

Da tutto ciò si deduce che in quel tempo l’Orioli andava d’accordo col Mamiani, e che anzi ne era quasi il braccio dritto. Il Mamiani poi ebbe incontestabilmente il vanto d’avere stabilito la norma e i principi che animar dovevano gli elettori e gli elegibili. Sembrò a taluno che per un primo saggio di vita pubblica, i Romani non avessero avuto a campione il più moderato fra i liberali, e si trovassero d’un salto troppo avanzati in fatto d’idee e di desideri. Si sarebbe voluto in vece dai più temperati che per un primo esperimento, e trattandosi di una città come Roma ove volevansi lasciare e il papa e i cardinali, dovessero accontentarsi di qualche cosa discreta e meglio proporzionata all’incipiente carriera politica. Dovevano rammentare , dicevano, che per la prima volta entravan nello, arringo parlamentare; quindi non poterla recitare in un subito da costituzionali provetti come quelli di Londra e di Parigi, e dimenticare poi ch’erano in Roma, ossia nella sola città eccezionale che sia nel mondo.

Per verità i Romani non sembrarono in sui primi molto teneri per la costituzione nè per esercitare il diritto d’elettori. E tanto è ciò vero, che alla prima riunione dei collegi elettorali pochissimi concorsero. Ecco che cosa scriveva la Speranza, giornale in quel tempo molto accreditato:

«Oggi si sono aperti i collegi elettorali; riunioni solenni nelle quali si decide niente meno che di consegnare il mandato della causa pubblica a onesti e generosi rappresentanti per aver nella legge le garanzie della libertà, perchè giudichi il popolo stesso i suoi diritti e li sanzioni il sovrano depositario e custode di quelli. Ne viene assicurato che non ostante la gravità e l’imponenza dell’elezioni, nemmeno un terzo di elettori,