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della rivoluzione di roma | 295 |
alla redazione gli articoli della gazzetta; da che nè nell’originale, nè nella bozza, era siffatto titolo; nè certo il Ministero intendeva imprimere in quell’articolo si conciso e sì poco particolarizzato il carattere estremamente significativo e solenne che si conviene a un Programma secondo l’accettazione che riceve ora siffatto vocabolo.»1
Non piacque al certo e non fu indizio di buon accordo uno sbaglio di questa natura, ed una sì imperdonabile trascuranza. Non vogliamo investigare a chi fosse da attribuirsene la colpa: ma in cosa sì grave e deferita al pubblico in momenti tanto straordinari, quel dire oggi di sì, e dimani di no, venne a discapito degl’ingegni amministrativi, o dei pubblici funzionari di allora. Ad ogni modo designamo il fatto, lasciandone ad altri la spiegazione.
Ad imprimere poi il marchio del beneplacito sovrano per la installazione del ministero Mamiani, circolò subito un foglietto in istampa in cui si diceva essere stato ricevuto il medesimo e benedetto da Sua Santità il giorno 6, alle ore 11 e mezza. Nel foglio officiale però non se ne fece parola.2
Proseguendosi intanto nell’opera del ristoramento dell’ordine turbato nei giorni antecedenti, il duca di Rignano rassicurava la civica sulla benevolenza di Sua Santità, ed annunziava che dopo smontata la guardia alla reale, sarebbe ammessa al bacio del piede.3
Non ostante però queste assicurazioni del Rignano, tanto il ministro, quanto i capi del movimento comprendevano bene quale impressione sinistra avean dovuto produrre nello animo del Santo Padre le improntitudini della milizia cittadina, che per quanto volessero rimpicciolirsi o escusarsi, erano a tutti note; e quindi tutti si mostravan freddi e peritosi nell’esporre la civica al cospetto del sovrano, perchè