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soli soscrittori dell’atto senza che l’universalità dei civici ne avesse conoscenza.

In prova di che l’Epoca stessa, che pure era il giornale del Mamiani, nella narrazione che ci dette dei fatti dei primi di maggio dice che i battaglioni civici non furon chiamati in massa a dare il loro voto, ma che invece eransi riuniti alcuni individui come deputati dei medesimi per formare l’indirizzo.1

La Pallade in un articolo intitolato Non vogliamo partiti disapprova l’indirizzo della civica e lo chiama illegale.2

E se irregolare ed illegale fu chiamato detto atto dagli stessi organi della rivoluzione, male non ci apponemmo noi riprovandolo in tutta la sua estensione.

Ma la ressa che facevasi al Santo Padre per indurlo a dichiarare la guerra all’Austria, non si limitò al ministero, al municipio, alla civica, ed ai circoli, perchè vi si associarono i commissari de’ governi di Sicilia, di Lombardia e di Venezia, i quali ciò fecero non a voce, ma ancor essi mediante un indirizzo che porta la data del 2 maggio3 — Ecco i loro nomi:

per la Sicilia Padre Gioachino Ventura pari del regno.
Emerico de’ conti Amari vice-presidente della Camera dei Comuni.
Barone Casimiro Pisani segretario della Camera dei Comuni.
Giuseppe La Farina membro della Camera dei Comuni.
per la Lombardia Tommaso Piazzoni.
Alberto Quinterio.
per Venezia Castellani Giovan Battista.
Delfin-Boldù.


  1. Vedi l’Epoca del 3 maggio terza colonna.
  2. Vedi la Pallade del 9 maggio 1848, pag. 3.
  3. Vedi l’indirizzo nell’Epoca dell’8 maggio 1848.