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della rivoluzione di roma | 277 |
una guerra, che senza potere riconquistare all’Impero gli animi dei Lombardi e dei Veneti, trae con sè la funesta serie di calamità che sogliono accompagnarla e che sono da Lei certamente aborrite e detestate.
»Non sia discaro alla generosa nazione tedesca che noi la invitiamo a deporre gli odii, ed a convertire in utili relazioni di amichevole vicinato una dominazione che non sarebbe nobile nè felice, quando sul ferro unicamente posasse.
»Così noi confidiamo che la nazione stessa, onestamente altera della nazionalità propria, non metterà l’onor suo in sanguinosi tentativi contro la nazione italiana: ma lo metterà piuttosto nel riconoscerla nobilmente per sorella, come entrambe sono figliuole nostre e al cuor nostro carissime; riducendosi ad abitare ciascuna i naturali confini con onorevoli patti, e con la benedizione del Signore.
»Preghiamo intanto il Datore d’ogni lume e l’Autore di ogni bene, che inspiri la Maestà vostra di santi consigli; mentre dall’intimo del cuore diamo a Lei, a sua Maestà l’imperatrice, e all’imperiale famiglia l’apostolica benedizione.
»Datum Romæ apud Sanctam Mariam Majorem, die tertia maii anno MDGCCXLVIII, Pontificatus nostri anno secundo.»
Pius PP. IX.
Questa lettera per verità non fu inserita nella Gazzetta di Roma, ma venne tre settimane dopo stampata e circolò pubblicamente. Il governo non la smentì, anzi quella gazzetta ne parlò il 29 maggio,1 ed il Farini più tardi la riportò per intero nella sua storia.2