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274 | storia |
»E qui non dobbiamo occultarvi come ad un tratto si ridestarono alcune opinioni delle quali avevate Voi riportato illustre e compiuto trionfò. Pur troppo, Padre Santo, all’agitazione politica vedemmo associarsi altre idee, che per quanto svaniscano in un popolo religioso al primo tornare della calma, dee però procurarsi che mai non si possano riprodurre.
»Accennati i motivi di agitazione, il Senato vuol noto a Voi l’universale convincimento, che necessaria e giusta è l’unione di armi con gli altri popoli italiani. Non può frenarsi, e lo diceste Voi medesimo, l’impeto de’ vostri sudditi per tale unione. Non può un popolo condannarsi a perpetuo disprezzo, perchè solo non abbia contribuito alla salvezza della famiglia italiana, della quale non crede essere infima parte. Nè ciò forse può vedersi con indifferenza dai vicini popoli. Quindi il pericolo, o di mostruosa anarchia, o di altra dominazione. Mali così gravi possono per sempre allontanarsi con prender parte alla guerra. Chi dunque non la riterrebbe politicamente necessaria?
»E la stessa necessità ne include la giustizia. È sempre giusto che un popolo provveda alla propria salvezza. È sempre giusto che un sovrano assicuri la incolumità del suo stato. È sempre giusta una guerra che allontana l’anarchia o l’invasione. Oltre di che non è egli forse di stretta giustizia combattere una nazione che occupi fortezze e paesi appartenenti al pontefice? Fino ad ora nella mancanza di forze materiali si contennero i pontefici a protestare di tali usurpazioni, che avrebbero dovuto rivendicare, potendolo, colle armi, per non mancare al debito di conservare intatto lo stato dal dominio straniero. Ora che si ha la forza congiunta di tutta l’Italia non può credersi ingiusto che le sterili proteste siano convertite nell’azione. Onde i vostri sudditi sono convinti della necessità e giustizia della guerra italiana. Nè la ritengono disdicevole al pontificato. Le crudeltà delle mi-