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dervi parte; solo affermiamo, perchè lo rileviamo da documenti storici, che la insurrezione di Palermo era stata tramata all’estero dai caporioni del partito, e che il modo di effettuarla era stato concertato preventivamente.

Racconta a questo proposito Pier Silvestro Leopardi, che fu poi ministro di Napoli presso Carlo Alberto, che: «i liberali napoletani se la sentivano da gran tempo co’ liberali siciliani; e cercando d’accordo i mezzi di sottrarsi alla comune oppressione, s’erano scambiati incoraggiamenti d’ogni specie, pegni segreti di fratellanza, e persino pubblici indirizzi co’ quali facevasi reciproca abnegazione d’ogni mal intesa boria municipale. Se non che alcuni potenti Palermitani, di coloro cui sembra mesta e sconsolata la vita senza gli splendori e le burbanze d’una regia corte, covavano ancora l’antica brama, sì poco nazionale, di una compiuta separazione dell’isola dal continente, e offerivano di voler prendere l’iniziativa della rivoluzione in Palermo qualora si consentisse alla indipendenza della Sicilia.» E poi aggiunge che Francesco Paolo Bozzelli, allora ministro in Napoli, accoglieva quell’offerta.1

Sia dunque che la mossa di Palermo fosse l’effetto di quest’accordo fra i liberali napoletani ed i potenti Palermitani, sia che vi fosse associato l’elemento mazziniano, di che sarebbe indizio il vedervi mischiati o consapevoli un avvocato Felice Orsini ed un colonnello La Masa, sia che scaturisse dall’azione congiunta di questi elementi, egli è certo che il movimento fu concertato preventivamente, e questo a noi basta di porre in chiaro.

I fatti di Palermo non si conobbero in Roma con positiva certezza, e polle desiderate particolarità che verso il 20 di gennaio; e quando si seppero, non è a dirsi l’eccitamento che produssero e le speranze che ravvivarono

  1. Vedi Narrazioni Storiche di Pier Silvestro Leopardi, Torino 1856 pagine 73.