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rocchè operati senza l’intervento del mio ministero, cui è dato dalla legge il vegliare sull’ordine pubblico, ed il provvedere. Io cesserei di fatto dai miei poteri per opera vostra, o cittadini, quando proseguiste a fare voi quello che spetta a me.»1

Si ebbe così per parte di uno degli uomini più segnalati della romana rivoluzione la prova incontestabile che Roma era caduta nell’anarchia, e che il popolò sotto il comando dei circoli si era abbandonato ad ogni sorta d’illegalità.

Il principe Rospigliosi poi, quello stesso al quale disobbedirono i civici impedendogli di prendere con sè il Cardinal Bernetti, emise un ordine del giorno cui appose la firma anche il duca di Rignano. Detto ordine del giorno era in questi termini:


«Alla milizia cittadina,


«Voi, o militi cittadini di Roma, avete dato le più grandi prove dell’amore, dell’ordine e della pubblica sicurezza, avete in mille occasioni ben meritato della patria vostra. Ora voi siete di nuovo chiamati a farlo colla vostra persona. Non si tratta che di serbare l’ordine, di mantenere la libertà a tutti i cittadini, di lasciare che il governo a scanso di mali maggiori prenda le sue deliberazioni senza fretta e senza coazione.

»La guardia civica riceverà gli ordini dai suoi capi, i quali sono in continuo rapporto col ministero. È questa ancora una prova di liberalismo e di civiltà che da voi si richiede. Voi, o generosi Romani, per questi pregi for-

  1. Vedi Atti ufficiali vol. I n. 69. — Vedi l’Epoca del 3 maggio, n. 89. — Vedi la Gazzetta di Roma del 2 detto.