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262 | storia |
«Avere il papa accettato la sera del 29 aprile la demissione dei ministri, ed avendo invano tentato ogni altra combinazione ministeriale, aver richiamato i ministri dimessi conservando ai medesimi le facoltà fino ad ora avute.»
Non essendo piaciuto l’articolo, s’impegnò una discussione violenta nel circolo. Si parla col pubblico, ch’era nella strada, dal balcone del palazzo Theodoli, e il pubblico grida, schiamazza, chiama Mamiani al ministero, impreca al governo e ai cardinali ministri,1 e grida pure il non più preti. Si annunzia al popolo che le lettere ai cardinali giunte per la posta erano state sequestrate dal Ciceruacchio e suoi, e fu vero: e molto si dovette al coraggio civile dei principi Corsini e Simonetti, e si disse pure anco di un dei Borghese, se non si apersero. Furono portate al municipio, e sulle rimostranze del principe Corsini venner mandate al loro destino. Così si rispiarmò al mondo questo scandalo, coll’esser giunti in tempo, di vedere infranta una delle più sacrosante leggi de’ popoli civili, il segreto postale.2
Il corriere che partiva alle 6 fu arrestato per qualche tempo, ma le preghiere del duca di Rignano prevalsero, e finalmente gli agitatori desistettero e lo lasciaron partire. Intanto anche la polveriera a san Paolo veniva occupata dalle guardie cittadine.
Ma queste illegalità, questa intrusione tumultuaria dello elemento popolare, questo assorbimento violento del potere per parte della civica, miravano evidentemente ad uno scopo, e questo scopo era la distruzione del governo. Al conseguimento di tal fine una nuova convocazione di tutt’i circoli (e sempre nel palazzo Theodoli) venne intimata per le ore sette e mezzo pomeridiane: e questa fu di tutte la più procellosa perchè vi si trattò nientemeno che d’istituire un governo provvisorio e di far reggere Roma dal