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Vi fu quindi riunione al palazzo Doria; vi si elesse una deputazione da inviarsi al pontefice composta del principe Doria, principe Corsini, conte Terenzio Mamiani; e intanto si seppe che il papa aveva accettata la dimissione del ministero, volendone uno col Cardinal Ferretti alla testa.

Il ministro di Toscana e quel di Piemonte alle quattro e mezzo recaronsi dal Santo Padre onde perorare per la sua adesione nel senso voluto dal popolo: ma nulla ottennero. Allora la guardia civica occupò le porte della città.

Giunge alle sette e mezzo la deputazione di ritorno. Il pontefice era fermo nella presa deliberazione, ma richiedeva la notte per aver tempo a deliberare sul da farsi.

I circoli si pongono in permanenza; il castello sant’Angelo è occupato dalle milizie cittadine; si convoca pèr la sera una riunione al circolo dei commercianti, e si disse che vi concorresse un 1500 persone. Ciceruacchio era nella sala alla testa di un distaccamento di guardia civica. Molti furono gli oratori, fra i quali il Mamiani, l’Orioli, lo Sterbini e il napolitano Pier Angelo Fiorentino si segnalarono. Intanto si venne a conoscere che il papa resisteva e non poteva persuadersi del motivo di tariti scompigli, e li attribuiva o ad ingratitudine per parte del popolo o alle arti subdole dei mestatori che tanto poterono su questo, da rattiepidirne la devozione verso il pontefice.

Il giorno seguente 1 di maggio riunisconsi i circoli di nuovo alle ore 7 antimeridiane. Vi si formula un indirizzo al papa, col quale viene esonerato dal dichiarar la guerra, ma si domanda bensì un ministero cui ne deleghi le facoltà. Mamiani in nome del papa chiede tempo a deliberare, e fa sperare che otterrassi un ministero liberale.

Nuova riunione dei circoli a mezzo giorno. Vi si legge l’articolo da inserirsi nella Gazzetta di Roma, che doveva pubblicarsi nella sera stessa, il quale diceva presso a poco così: