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252 | storia |
niti di milizie di gran lunga maggiori delle nostre non poterono in questi tempi resistere alla commozione che ne’ loro popoli ugualmente eccitossi. Nella quale condizione di cose da noi altro comando non si diè alle nostre milizie spedite ai confini dello stato pontificio, se non se quello di tutelarne l’integrità e la sicurezza.
» Ora avendo alcuni mostrato desiderio, che da noi pure insieme con altri popoli e principi d’Italia s’imprenda la guerra contro gli Austriaci, riputammo alla perfine essere nostro debito manifestarvi chiaramente e palesemente in questo vostro solenne Consesso, ciò rifuggire del tutto dai nostri disegni, imperocchè noi, sebbene indegnamente, esercitiamo in terra le veci di Colui che è Autor della pace e Principe della carità, e quindi per uffizio del supremo nostro apostolato con ugual sentimento di paterno amore riguardiamo popoli, genti e nazioni, e tutti dei pari al nostro seno stringiamo. Che se pur tuttavia fra i nostri sudditi non manchino alcuni che si lasciano trasportare dall’esempio di altri Italiani, in qual modo potremo noi infrenarne l’ardore? .
» In questo luogo poi non possiamo a meno di ripudiare in faccia al mondo intero i fraudolenti disegni, che nei pubblici giornali ed in vari libelli si fecer palesi, di coloro i quali vorrebbero che il Romano Pontefice presiedesse ad una certa nuova repubblica da formarsi di tutt’i popoli d’Italia. Anzi in questa occasione caldamente ammoniamo ed esortiamo gli stessi popoli italiani, per l’amore che loro portiamo, a guardarsi con ogni studio da siffatti scaltri ed ingannevoli consigli, perniciosi anche alla stessa Italia, e strettamente rimanersi fedeli ai loro principi, che pur ebbero a sperimentare benigni, nè soffrano mai di essere distaccati dall’ossequio ad essi dovuto. Imperocchè, se altrimenti operassero, non solo mancherebbero al proprio dovere, mà si esporrebbero altresì al pericolo che l’Italia