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Da qui sursero le discussioni tempestose che ogni sera in quel tempo facevansi al circolo romano e che si protrassero fino al 26 o 27 di aprile, per costringere il pontefice ad una dichiarazione di guerra; da qui le deputazioni ai ministri Recchi e Minghetti perchè ottenessero o estorcessero dal pontefice un documento di tanta importanza. Eran divenute cotanto celebri quelle discussioni, che parlavasene pubblicamente, e prognosticavasi senza ritegno che qualche gran cosa fosse per accadere.

Questo atto tanto desiderato non rinveniamo nè fra i nostri documenti stampati nè in veruna gazzetta, ma troviamo bensì nel Farini l’atto col quale lo si richiedeva. Quegli ci dice che effettivamente il ministero tutto del 10 marzo (meno il Morichini dimissionario cui era succeduto il principe Simonetti) e non escluso lo stesso cardinale Antonelli, indirizzò una istanza al pontefice affinchè dichiarasse la guerra all’Austria, e la riporta per intiero nelle sue storie.1

Tale istanza, di cui nè ammettiamo nè contestiamo la genuina esistenza, non dee recar meraviglia veruna, perchè il ministero Recchi era ministero di rivoluzione. Se quindi il cardinale Antonelli vi si associò, non fece nè più nè meno di quello che fece il giorno 11 di marzo, quando unito agli altri sottoscriveva il programma ministeriale ove parlavasi d’armamenti e di guerra; cosicchè le idee emesse nel secondo atto non furono se non che la conferma e lo sviluppo delle idee enunciate nel primo: ed il presidente del Consiglio dei ministri cardinale Antonelli, salvo che non avesse voluto provocare una rivoluzione ministeriale ricusandosi a sottoscrivere quell’atto, doveva fare necessariamente ciò che avevan fatto gli altri ministri.2

E se il ministero, che pure era presieduto da un cardinale di santa Chiesa, teneva un simile linguaggio, non è poi meraviglia che si venisse formando un comitato di

  1. Vedi Farini, Lo Stato romano. Vol. II dalla pag. 86 alla pag. 90.
  2. Vedi il cap, VI di questo II vol.