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Nel gennaio si aveva la insurrezione di Palermo; Napoli mostravasi pronta a seguirne l’esempio; e fu appunto per arrestare lo scoppio di movimenti incomposti, che si volle dal re Ferdinando II iniziare l’era delle costituzioni che da Napoli preser la mossa. Quindi le richieste di armi e di armati anche in Roma. Poi surse la rivoluzione francese che fu il segnale di tutte le altre rivoluzioni di Europa. In somma al punto in cui siamo squillano già le trombe guerriere, balenan le spade sul campo, e già i moschetti e i cannoni fan rosseggiare di umano sangue le pianure lombarde.

Chi seguì con lento passo la narrazione delle nostre storie fin dai primordi, chi amò d’internarsi con noi nello studio delle più minute e recondite fasi della rivoluzione dovrà convenire non esservi cosa che non fosse a prevedersi, non disastro che non fosse ad attendersi, non pianti o lugubri strida che non si fosser fatte sentire da lungi.

Ciò che ora si scorge non è altro che lo svolgimento di quello che macchinavasi da principio. Le frutta amare che ora si colgono sono il giusto prodotto del mal seme che fu gittato in grembo alla terra.

Il mese di aprile del 1848, specialmente negli ultimi quindici giorni, segnò il punto culminante della esaltazione degli animi per la indipendenza italiana.

In sui primi del mese si conobbe finalmente il tanto desiderato sconfinamento di Carlo Alberto; ma quanto alle fazioni militari poco o nulla si seppe in Roma: e quantunque i primi fatti d’armi fossero stati favorevoli agl’Italiani, pure non se n’ebbe notizia che nel periodo dal 15 al 30. Siccome poi fino allora Indipendenza, e Pio IX parean congiunti, anche i papalini eran caldi per la prima, e i non papalini facevan mostra di essere tuttavia infocati pel secondo. Ma quando si conobbe la, famosa allocuzione del 29 aprile, di cui avremo a parlare lungamente, allora si scisse immantinente l’opinione in due contrari partiti, gli uni tenendosela colla rivolu-