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della rivoluzione di roma | 217 |
Il 12 però queste radunate di gente si riprodussero in numero più assai grande, percorrendo le vie della città in tante bande di cento a centocinquanta individui. Una di queste recossi a Monte Citorio residenza di monsignor Morichini tesoriere generale, il quale, più per ispavento forse che per compassione fatti dar loro un quindici baiocchi a testa, li rimandò alle lor case.
Incolpevole, se vuolsi, per parte dell’esimio prelato, ma tristo esempio che avrebbe potuto riuscire agli altri fatale.
Altra di queste bande recossi a’ santi XII Apostoli, ed ottenne dal banchiere Valentini venticinque pezzi da cinque franchi.
Si corse quindi dal principe Torlonia, ed io, che mi trovava al suo fianco, posso raccontare per fatto-proprio come passaronsi le cose.
Come era ben da supporre si venne a richiedergli del danaro. Rimase sorpreso il principe a questa domanda, e, disapprovando il modo di esercitar pressura e violenza sui pacifici cittadini, richiese se fossevi in compagnia degli ammutinati il Ciceruacchio; rispostogli di sì, «che venga» soggiunse.
Venne difatti il Ciceruacchio accompagnato dal Materazzi, e parve disapprovare ancor esso l’accaduto; ma disse che per quella volta, trattandosi di comprar la quiete (stantechè gli ammutinati eran riuniti nelle vicinanze del suo palazzo), avrebbe potuto dar loro qualche soccorso pecuniario per rimandarli a casa. Il principe replicò che l’esempio era da riguardarsi come riprovevole e funesto, ma che non era esso che ne aveva preso l’iniziativa. Pur non ostante, e per quella volta soltanto, e purché la cosa non si adducesse in esempio, darebbe trenta scudi.
Il Ciceruacchio allora mostrandosi sdegnato contro gli ammutinati che eran riuniti nel cortile del possidente Senni, accanto al palazzo Valentini, invitò me ad assistere alla distribuzione del danaro, ed a sentire la predica che