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196 | storia |
chi non sa che le azioni ingiuste e vituperevoli possono raccontarsi da chi le sofferse, e non da chi le commise?
Ma i fatti sussistono, e questi sarebbe follia il contrastarli. Ci siamo astenuti dall’emettere parole, di lode o di biasimo sull’istituto gesuitico, e sul bene o sul male che si attribuisce ai suoi affigliati, lasciando che i fatti parlino, e i lettori possan da per se giudicarne.
E siccome professiamo ancor noi il principio che la volontà delle popolazioni (ove però potesse conoscersi perfettamente, e fosse generale e non parziale, spontanea e non insinuata ad arte, e diretta a fin di bene) deve rispettarsi, in guisa che se la maggiorità sensata ed onesta degl’Italiani avesse desiderato che si allontanassero con garbo i Gesuiti, avremmo ancor noi chinato il capo; così vogliamo ed è nostro dovere di biasimare apertamente ciò che si operò contro di essi, perchè contrario alla libertà e dignità dell’uomo, alla civiltà del secol nostro, ed ai diritti sagrosanti della umanità. Facendo questo possiam vantarci di essere a mille doppi più liberali di coloro che ne usurpano il nome.
Così potremo dire con ragione, riferendoci al racconto che tessemmo sul discacciamento dei Gesuiti, che vergogne italiane e non glorie sono queste; e checchè si faccia o si dica per avversarci, il severo stile della storia le ha già notate in caratteri incancellabili. Non sappiamo quindi persuaderci con qual fronte si ardisca dagli eroi di fatti sì vituperevoli di assordare l’aere in estranei paesi col lugubre pianto del dolore e della sventura. Se vuol fondarsi in Italia il regno della onesta libertà, non se ne rovesci l’idolo, e non se ne lasci diserto il tempio. Tempo verrà in cui allo spirito di vertigine che fa ora il giro del globo, sottentrerà l’impero della ragione, ed allor si vedrà se meglio si apponeva chi sghignazzando allietavasi per questi fatti brutali, ovvero chi ricoprivasi il volto di rossore per esserne stato testimonio.