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della rivoluzione di roma | 189 |
anno, quando si seppe eli’ erano stati discacciati dalla Svizzera, in seguito della sconfitta del Sonderbund. 1
L’anno 1847 pertanto si chiuse ben tristamente per loro; ma l’anno 1848 fu infinitamente peggiore, perchè cacciati nel febbraio e nel marzo, come raccontammo, dalla Sardegna, dalla Liguria, dal Piemonte, e dal regno di Napoli, non era presumibile che volesse farsi loro la grazia negli stati pontifici: ivi soltanto ci si miser le mani più tardi, e a cose assicurate negli altri paesi.
E difatti, conosciutasi appena la rivoluzione di Francia del 24 febbraio, ed i rivoluzionari in Roma avendo preso coraggio, quasi ogni sera si udirono grida e lanciaronsi pietre in vicinanza del collegio romano, e della casa professa del Gesù.
La civica veniva chiamata ogni sera per disperdere gli autori del tumulto; ma tutto ciò aveva piuttosto l’aria di una farsa o di una comparsa scenica, che quella di un provvedimento serio, essendochè ogni sera gli ammutinati in luogo di diminuire aumentavano. Il governo temeva, o non amava al certo di cimentare la civica in qualche conflitto per sostenere i Gesuiti, dei quali quasi a mal in cuore in quel momento pronunziavasi il nome. Gli ordini che davansi eran tutt’altro che rigorosi, e quasi pareva che gli ammutinati anzichè i padri, perseguitati favorissero.
Tutto ciò peraltro era naturale e conseguente: perchè non solo la polizia, ma il governo stesso fin dal 10 marzo erano nelle mani di chi di Gesuiti non ne voleva punto sapere, e quindi operar non poteva diversamente da quello che faceva.
Gli stessi civici, gente proba ed onesta per la massima parte, e di temperati consigli dotata, prestavansi di buon grado agli appelli nei rispettivi quartieri, e avrebber voluto vedere rispettati gli ordini religiosi, non escluso quello dei Gesuiti. Intervenivano, lo ripetiamo, alle chiamate, pre-
- ↑ Vedi il Diario di Roma del 4 dicembre 1847.