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«Il governo non cacciarli da Napoli, non mandarli in bando, ma quelli essere momenti di transizione e circostanze trepidissime: doversi obbedire alla necessità; ma i loro diritti sarebbero rispettati, e tutto farsi per loro sicurezza e custodia; frattanto andati al porto monterebbero sopra un piroscafo, e partiti sentirebbero in mare le ulteriori determinazioni.»

Udissi allora una voce fra gli ausiliari che gridò: bravo Bozzelli, viva Bozzelli1. Il padre provinciale volea rispondere per richiamare a più miti consigli il ministro, ma le parole gli furono soffocate in gola dal pianto. Piangevan pur anco i circostanti, ma fu forza rassegnarsi; e così usciti in numero di centoquattordici per la porta del Mercatello, e trovatevi venticinque carrozze per trasportarli, vi montaron entro, garantiti dalla guardia nazionale, dai reggimenti svizzeri, fra lo sbigottimento e il cupo silenzio delle moltitudini circostanti.

Furon quindi trasportati sul Flavio Gioia, piccolo battello regio della forza di quaranta cavalli, adoperato comunemente pel trasporto dei galeotti. Senza poi protrarre più a lungo il discorso, nè raccontare le particolarità del loro viaggio, diremo come fosser condotti a Malta, ove sbarcarono e furono ricevuti ospitalmente dai Gesuiti di colà, ed ebbero anche visite e segni di rispetto dalle autorità locali e da altri ragguardevoli personaggi.

Lo storico napolitano Marulli parlando dei Gesuiti, dice: «tale fu la causa del bando dei Gesuiti avvenuto nel 10 marzo; il solo volere di pochi e la debolezza del ministero decise illegalmente ed obbrobriosamente su questo fatto.» E poscia, in una nota: «l’atto del bando dei Gesuiti fu un atto non solo anticostituzionale, ma di vituperevole condiscendenza. Il ministero concorse a

  1. Era il Bozzelli alla testa del carbonarismo costituzionale, come dagli Annali d’Italia del Coppi, anno 1848, pag. 59. — Vedi Montanelli, vol. I, pug. 94.