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della nostra coscienza e della nostra libertà, noi, seguendo l’esempio de’ padri nostri, siamo risoluti di morire piuttosto che essere schiavi dell’empietà.»1

Si richiese l’approvazione del papa su questa determinazione, ma egli, coerente sempre alla sua missione pacifica, non volendo, incoraggiarli ad una resistenza che portato avrebbe lo spargimento del sangue fraterno, rispose in vece nel modo seguente:

«La Santa Sede in tutta questa questione ha deciso che resterebbe passiva.»2

La vera causa del dissidio che travagliava la Svizzera dal 1831 al 1847 era soltanto la revisione del patto federale. Il 16 agosto del detto anno venne dato il colpo fatale, ed i dodici cantoni per la lega di Berna votarono la distruzione del patto federale, secondo le idee dell’unitarismo repubblicano di Mazzini3

Dichiarò però il Sonderbund, con risoluzione del 25 agosto, di non voler consentire ad una simile risoluzione.

Lord Palmerston intanto, tutte le volte che se gli parlava della sovranità cantonale, della indipendenza e della libertà elvetica compromessa, rispondeva sempre che l’affare interessante era l’espulsione dei Gesuiti.

Fu consultato il rappresentante inglese in Berlino signor Howard da lord Palmerston, ed egli rispondeva il 6 settembre, che il barone di Canitz, interpellato, sosteneva che il Sonderbund essendo una lega difensiva, non importava di conseguenza infrazione all’articolo sesto del patto federale; e che quanto ai Gesuiti, eglino non eran che un pretesto, in guisa che, ove fossero stati allontanati, si sarebbe trovato subito qualche altro motivo di discussione. »4


  1. Vedi Crétineau-Joly, vol. II, pag. 274, 275 e 279.
  2. Vedi Crétineau-Joly, op. cit. vol. II, pag. 280.
  3. Vedi il suddetto, vol. II, pag. 295. — Vedi anche Morin, op. cit. vol. II, pag. 315.
  4. Vedi Crétineau-Joly, op. cit. vol. II, pag. 299 e 300.