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della rivoluzione di roma | 11 |
delle Tre cannelle, fu preso da una specie di deliquio. Gli uni dissero cagionato da tenerezza e da commozione per gli applausi: gli altri, e più giustamente, per l’orrore che quelle grida insensate e feroci nell’animo suo dolcissimo produssero.
Fu accagionato da alcuni il Santo Padre di troppa condiscendenza per essersi mostrato in quel giorno al popolo romano, ma fu accagionato a torto. Avrebbe mal fatto è vero ad usare questa condiscendenza ove fosse stato perfettamente libero, ma non lo era, perchè la rivoluzione colla sua vasta rete abbracciava pure il Quirinale. Non diremo dunque che fu un bene l’uscire, ma al punto in cui eran le cose, non uscendo s’arrischiava molto, e si comprometteva quasi di certo la quiete della città e la sicurezza delle persone invise ai motori di cosiffatti disordini.
Questi sono i fatti dell’1 e del 2 di gennaio coi quali si disse essersi iniziato il regno dell’anarchia.
Volendo noi dare una spiegazione della condotta del governo in quest’emergente diremo ch’esso, un po’ tardi è vero, erasi avveduto dello sdrucciolo in cui versava.
Esso non voleva più dimostrazioni, nè i buoni Romani curavansene affatto, perchè eran divenute ormai un insulto alla morale, ed un’offesa alla buona fede del popolo romano. Il governo pertanto sia perr convinzione propria, sia perchè ammonito da estere corti a stare in guardia, volle far la prova d’impedire quella che sotto colore di complimento erasi organata, e di respingere i dimostranti occorrendo anche colla forza.
Ma la prova non riuscì, poichè sebbene non avesse luogo quella dimostrazione che il governo impedì, ebbe luogo una che fu assai più vitanda, in quanto che costituì il trionfo di quel partito che voleva abbattersi. Tanto è difficile di governare in tempo di rivoluzione, e di rivoluzione larvata come quella di cui tessiamo la storia!....
Che poi il governo avesse voluto por fine alle dimostrazioni ed attuare finalmente il prescritto dalla notifi-