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162 | storia |
luzione europea che nel 1848 ebbe il suo massimo sviluppo, i Gesuiti incominciaron gradatamente a non esser veduti di buon occhio, e quindi gli umori addensandosi si convertirono in fiera tempesta. Ed a tal punto si venne suscitando l’odio contro i Gesuiti, che in Parigi, nel collegio di Francia, i professori Michelet e Quinet davan delle pubbliche lezioni ove il nome, lo spirito, e le gesta della compagnia di Gesù eran gittati poco men che nel fango, in guisa che lo stesso arcivescovo di Parigi pubblicò alcune osservazioni in sua difesa.1
In seguito di che il re Luigi Filippo, interprete (non volendolo credere fomentatore) dell’opinione ostile al loyolano sodalizio, aperse pratiche colla corte di Roma, e, mediatore adattissimo il celebre conte Pellegrino Rossi, ne ottenne nel 1845 lo scioglimento in Francia. Non si creda peraltro che ne fosse auspice il papa Gregorio XVI, giacché esso non volle pronunziare la sua sentenza, ma sì bene lo stesso generale dell’ordine gesuitico, il padre Roothan, il quale ad evitare ogni inconveniente, consigliò il pacifico e parziale diradamento dei religiosi nelle varie case ove trovavansi riuniti.
Ottenuto appena questo desiderato trionfo, fu sollecito il ministro Rossi d’informarne subito il suo governo, ed il Monitore del 6 Luglio 1845 annunziò il fatto nei termini seguenti:
«Il governo del Re ha ricevuto notizie da Roma. La negoziazione di cui aveva incaricato il signor Rossi, ha raggiunto il suo scopo. La congregazione de’ Gesuiti cesserà di esistere in Francia, e si va a disperdere da se stessa. Le sue case saranno chiuse, ed i suoi noviziati disciolti.»2
- ↑ Vedi le Lezioni sui Gesuiti di Michelet e Quinet, recitate nel collegio di Francia. Parigi 1844, in 12. — Vedi Conseils de Satan aux Jesuites, traqués par messieurs Michelet et Quinet, Paris 1845, in-12. — Vedi inoltre Dezamy. Le Jesuitisme vaincu et anéanti par le socialisme. Paris 1845, in-8.
- ↑ Vedi Crétineau-Joly. Histoire religeuse, politique et littéraire de la compagnie de Jesus ec., Paris 1846 vol. VI. pag. 526. — Farini vol. I, pag. 120.