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palazzo al popolo sottoposto, il quale, fidato nelle parole del principe, tranquillamente si disperse. La presenza del Masi dice però chiaro qual fosse il colore della progettata dimostrazione, imperocchè egli era il capo degli agitatori amorosi tanto vagheggiati dal padre Ventura, e di tale efficacia ed abilità, che a lui fu ascritto il merito dal Montanelli di avere ottenuto la guardia civica, e di aver capitanato le passate dimostrazioni, delle quali questi ci dette perfino le relazioni dal Masi stesso inviategli.1 Ed è da ascriversi a merito di questo abilissimo agitatore, se stante la gentilezza de’ suoi modi e la sua affascinante eloquenza, la rivoluzione pacifica non trasmodasse, e il popolo non desse in eccessi.

Recatosi il Corsini dal Santo Padre, esponevagli la innocuità della dimostrazione, l’amore del popolo, il mal umore profondo in lui suscitato nel vedersi posto in cattiva vista, e quasi calunniato sulla sincerità dei suoi sentimenti di devozione e d’affetto: nè dissimulavagli il principe i pericoli cui andavasi incontro, perchè il popolo esasperato avrebbe potuto prendersela contro i consiglieri presunti delle adottate misure di resistenza.

Condiscese benignamente il pontefice alle preghiere del senatore, ed a provare ch’eran salde in lui l’affezione e la fiducia nel popolo, promise che l’indomani sarebbe uscito dal Quirinale espressamente per mostrarsi al buon popolo di Roma.

Mentre però attendevasi il risultato degli officî del Corsini e la risposta del papa, gli agitatori erano in continuo moto, ed i circoli non si restavano dal preparare il trionfo pel popolo. Era in tutti una smania, un’ansietà, una trepidazione indicibile, perchè si ragionava così: ricusandosi il pontefice, esser segno che il partito della resistenza prepoteva; cedendo poi alle domande essere indizio di debolezza nel governo e preludio di trionfo del popolo calun-

  1. Vedi Montanelli, vol. I, da pag. 144 a pag. 147.