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della rivoluzione di roma | 143 |
mostra del più consolante ravvedimento: se bugiarda, della più esecranda iniquità per parte di chi la pronunziava. Gli atti posteriori chiarirono per quello che erano alcuni dei soscrittori i quali, fra le altre irregolarità, convocavan diete e conferivano primati senza che ci dicessero da chi ne avevan ricevuto il mandato: e così Roma fatta zimbello di tutti gli agitatori politici, ebbe l’alto onore di avere nei due poeti Masi e Sterbini i suoi rappresentanti.
La mancanza del mandato però non si limitò ai pretesi rappresentanti dei vari stati italiani ch’eran tutti estranei a Roma, ma si estese anche a coloro che s’intitolarono come rappresentanti di Roma stessa, la quale non si è mai sognata di devolvere ai poeti Masi e Sterbini il carico onorevole di rappresentarla presso il Santo Padre. In quel tempo però guardavasi così poco pel sottile, che simili irregolarità accadevano senza che niuno le avvertisse o ne facesse il minimo richiamo.
In prova di che il 24 di marzo leggevasi un atto nelle pubbliche vie di Roma, emanato da una commissione che non si sapeva se fosse stata creata dal papa, dal così detto popolo, o da se stessa.
Formate in questa guisa le commissioni di allora, presentavansi in sulla scena, e senza dire nè come nè da chi fossero state investite del potere, ordinavano e disponevano di ogni cosa; e il gregge servile, non riflettendo nè punto nè poco, obbediva ciecamente, mentre in tempi più regolari se non ricalcitrava del tutto, obbediva almeno di malincuore anche agli ordini della legittima autorità. È vero per altro che la commissione di cui teniamo proposito era composta di persone per ogni conto ragguardevoli; e però speriamo non vorranno imputare a colpa questo libero sfogo di un loro concittadino il quale per amore della verità è costretto a richiamare alla memoria alcuni falli che i medesimi, non già per malizia, ma per politica inesperienza o per necessità di posizione, involontairamente commisero.