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troverete certo una vecchia spada, raccoglietela, è la spada di Radetzky: troverete anche qualche corona ducale — son cose che non se ne fabbricherà più: si metteranno al museo delle mummie.1»

Un cosiffatto linguaggio denota in modo lampante che già ritenevasi essere Roma in istato di repubblica: perchè se le corone ducali di Toscana, di Parma, e di Modena, alle quali alludeva l’Epoca, riguardavansi come oggetti da museo, non è a supporre che l’archeologia rivoluzionaria non tenesse già di mira la tiara pontificale, come complemento del museo stesso. E in prova ulteriore che tale era l’opinione degli eccessivi, i quali già guidavano il movimento, noi troviamo in una raccolta di caricature pubblicate in quell’epoca, una litografìa rappresentante alcune donne che giocano a pallone colle corone reali e ducali.2

Ma a che cercar prove nelle colonne dei giornali e nei concetti degli artisti, se gli atti stessi governativi ce ne porgono una irrefragabile? E qual prova maggiore di questa se ne potrebbe addurre? Il papa voleva e comandava una cosa, e il ministero ne faceva un’altra; il papa inculcava e raccomandava sempre la pace, e i ministri davan disposizioni per la guerra. Dunque il papa non comandava altro che apparentemente. E prima ancora che venisse il Mamiani a riporlo fra le nuvole, per pregare, benedire e perdonare solamente, ce lo aveva posto il ministero Recchi: e se vogliamo pur dirlo, ve lo avevan posto gli agitatori colle popolari dimostrazioni mediante le quali si sostituì l’impero della piazza a quello dell’aula sovrana.

Se dunque il popolo avea già da lunga pezza preso il sopravvento, se chi doveva comandare non era obbedito, qual governo se non quel repubblicano avevasi in Roma?


  1. Vedi l’Epoca del 24 marzo 1848 seconda pagina.
  2. Vedi detta litografia nel vol. in quarto intitolato Caricature politiche, numero 7.