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136 | storia |
incendiar gli animi, sapeva temprare siffattamente i suoi discorsi, da poterli pur anche contenere affinchè non trasmodassero. I suoi versi erano spontanei, la sua elocuzione facile, vigorosa, affascinante. Egli era inoltre aggraziato e simpatico della persona; e quindi non ci si vorrà contrastare che con tali qualifiche fu il più abile, pericoloso e influente demagogo della romana rivoluzione. La sua patria era Perugia.
È da premettersi che mentre la processione si recava al Campidoglio, osservavasi un vessillo tricolore sulla facciata del Gesù. Questa insolita vista movea le risa, e faceva insieme gridare ai sottostanti quel famoso in allora è troppo tardi. Alla porteria poi si leggeva un est locanda stampato; e corse gran rischio un tale che per zelo inopportuno tentò di staccarlo.
La sera si celebrò la festa dei moccoletti in luogo di quella che non volle darsi in segno di lutto pei casi di Lombardia, l’ultima sera di carnevale.1
Dobbiam dire a lode del vero che una tal festa non mai riuscì o più numerosa o più brillante di quella del marzo 1848. Il popolo si guidò da sè; e se non accadde alcuno sconcerto fu tutto merito suo, perchè quella sera la soldatesca non intervenne pel Corso.
Raccontaron le feste di quel giorno memorabile più o meno bene tutti i giornali;2 ma chi le narrò con maggiore esattezza fu un giornale in foglio che pubblicavasi in Roma da alcuni Francesi, intitolato Le Capitole.3
Accadevan queste cose il giorno 21 di marzo, producendo tale uno stupore ed eccitamento negli animi, da non si poter descrivere. S’immagini dunque ognuno qual dovesse essere l’effetto prodotto sopra ogni ceto di persone il giorno 23 allorquando si conobbe in Roma la rivoluzione di Milano.