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134 | storia |
Che poi non vi fosse opposizione di sorta non è da stupire, ove si consideri che il ministero di polizia era in quel tempo affidato all’avvocato Giuseppe Galletti.
Gli stemmi d’Austria caduti che furono nella strada sottoposta, vennero fatti in minutissimi pezzi e raccolti avidamente dal popolo. Si disse pure che un pezzo di maggior dimensione venisse legato alla coda di un asino onde meglio eccitar le risa, e che gli altri venissero bruciati sulla piazza del Popolo. Pareva a quei giovani festanti di avere coll’abbassamento e distruzione delle armi debellato l’impero austriaco.
Si tolse quindi una bandiera tricolore formata da un dei parati che avea servito per decorare la loggia del principe di Canino nei giorni del carnevale, e si collocò ov’erano le armi; ed alla lapida marmorea ove leggevasi «proprietà dell’impero austriaco,» che subito si ruppe a furia di colpi di martello, si sostituì la iscrizione «palazzo della dieta italiana.»
Questa è la nuda esposizione dei fatti del 21 marzo che vedemmo co’ propri occhi. Ne parlò la Gazzetta di Roma nella parte officiale nel modo seguente:
«Le notizie che giunsero da Vienna martedì (21) si diffusero in un istante per tutta la città. Come suole, la fama le ampliò, e si credette che non solo fosse accordata una costituzione in Austria, ma che eziandio caduta fosse la dinastia.
» Al divulgarsi di tale notizia una moltitudine corse di repente al palazzo di Venezia, residenza dell’ambasciatore austriaco, e volle abbassar gli stemmi di quella imperial Casa. Fu il fatto così istantaneo, che non si ebbe tempo di prevenirlo.
» Il governo non può non disapprovare altamente un simile atto, con cui venne violato il diritto delle genti. Nè il governo stesso tralasciò, con quei mezzi migliori che la prudenza in quel momento consigliava, di opporsi che fosse tocco lo stemma di un pubblico rappresentante.