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Prima però che i casi di Milano venissero a cognizione del pubblico in Roma, eransi conosciute positivamente le cose occorse in Vienna, e la mattina del 21 marzo si osservava per le vie più frequentate della città, un movimento insolito.

Alle undici e mezzo poi si videro una cinquantina circa di giovani, quasi tutti Lombardi, recarsi ordinatamente pel Corso, ed arrestarsi sotto l’abitazione del barone di Binder, agente degli affari ecclesiastici della legazione austriaca, nel palazzo di Venezia, e precisamente nella via detta Macel de’ corvi.

Essi, fatta sosta, richiesero l’abbassamento degli stemmi imperiali, i quali all’abitazione del Binder eran di piccola dimensione. A prevenire il tumulto e le violenze, che in tanto concitamento di animi potevano accadere, si affacciò al balcone, non un addetto alla legazione austriaca, come disse la Pallade, ma sì bene il marchese Ferdinando di Lorenzana, genero del barone di Binder, che colà a caso ritrovavasi. Disse parole miti e conciliatrici, raccomandò loro la calma, e li pregò a non voler fare violenza al palazzo di residenza degli austriaci ambasciatori, nè dare occasione di spavento all’ambasciatore conte Lutzow e a tutta la sua famiglia che ivi dimoravano.

Pronunziò il Lorenzana con sì bel garbo il suo discorso, che venne accolto con plausi; e subito dopo si vide un inserviente del palazzo salire dall’interno di questo sul parapetto, togliere gli stemmi e farli cadere sulla strada.

Grande fu l’allegrezza tra coloro sopra tutto che con simile intendimento eransi recati al palazzo di Venezia. Intanto il racconto dell’accaduto attirò molta gente da tutte le parti nelle adiacenze di quel palazzo; e quando l’agglomeramento di popolo si vide ingrossato oltre misura, si pensò per satisfarlo, di far abbassare gli stemmi tragrandi che figuravan di fronte al medesimo. Ciò ebbe luogo senza opposizione veruna, e fra il tripudio degli astanti.