Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
della rivoluzione di roma | 109 |
terezza, dissero di volere, in quel giorno, assolutamente la predica.
Allora il generale dei Gesuiti, per impedire qualsivoglia inconveniente ne potesse mai seguire, deputò un reverendo della medesima compagnia ad ascendere in pulpito, e questo reverendo fu il padre Marco Rossi, il quale asceso che fu in sul pergamo, recitò una predica sulla fede, trattando tale argomento più a maniera di teologo che di oratore. E così, quelli che simulando devozione, eran vogliosi di ascoltare la parola divina, appagati e delusi insieme si ritirarono, nè per quel giorno accadde sconcerto veruno.
La Pallade narra parte del fatto. Un cenno trovasi pure nel Corriere livornese, ma la pura verità è in quanto ho esposto di sopra.1
In seguito dello essere stato sottoposto nei giorni 10 e 13 di marzo ai cardinali riunitisi espressamente il progetto di uno statuto fondamentale, fu esso approvato, affinchè dopo riportatane la sanzione da Sua Santità, venisse al più presto che fosse possibile pubblicato.
Questa sanzione non si fece aspettare, ed il giorno 14 di marzo venne accordato da Sua Santità lo statuto fondamentale per gli stati di Santa Chiesa.
Noi noi riporteremo per disteso perchè trovasi trascritto altrove.2
Accennandone bensì le disposizioni, ci permetteremo qualche osservazione sul medesimo.
Si dice nell’esordio (il quale fu generalmente giudicato siccome un capo d’opera di saviezza) che si era come in via di esperimento creata una Consulta di stato; ma poichè i vicini dello stato pontificio avevan giudicato maturi i popoli a ricevere il benefizio di una rappresentanza non mera-